Mi allontano per un giorno dai temi consueti e vi parlo di un volume che ho trovato originale e ricco di spunti. Il tema dell’animalismo e delle tematiche ad esso connesse mi è caro da sempre, ed ho trovato in questo volume così agile eppure corposo un’occasione per percorrere il cammino che, storicamente, ha portato a quello che forse oggi diamo per scontato. Il libro, estremamente accurato nelle sue ricostruzioni storiche, ci consente finalmente di avere un occhio organico su tematiche troppo spesso trascurate o addirittura misconosciute. E’ un’occasione di apprendimento, ma anche di riflessione, perché si rivela essere un excursus, assai ben articolato, sull’uomo, prima ancora che sull’animale. Bella la citazione dell’autrice di Peter Singer, secondo cui gli animali non possono rivendicare in prima persona i loro diritti e giungere a riconoscere la dignità della vita animale richiederà da parte nostra più altruismo di ogni altro movimento di liberazione. Io ho vissuto così la lettura di questo libro e penso che possa essere una delle chiavi attraverso cui penetrare nel lavoro della professoressa Guazzaloca, nota studiosa ed esponente di spicco del mondo accademico. Evito di comporre un riassunto del libro, innanzi tutto perché è impossibile da riassumere, in secondo luogo perché lo spirito di questa mia breve recensione è solo quello etimologico della parola “recensione”.Recensire deriva infatti dal verbo latino “recenseo”, che significa esaminare, passare in rassegna. Durante la lettura ho segnato i punti che più mi colpivano, ed i pensieri che ne derivavano. Consiglierei questo libro certamente a chi è interessato ai temi dell’animalismo, ma nel contempo anche a chi desidera osservare come il tema ha percorso la storia e come è stato anche asservito a determinate politiche. Sul punto, si rivela molto interessante quanto esposto riguardo alle politiche del fascismo sugli animali, argomento sconosciuto per la maggior parte ma ricco di spunti che possono consentire di ampliare le nostre riflessioni.
2 Comments
Risale ormai al lontano 1991 la normativa di cui alla legge n.281, che impone a tutti i proprietari di cani di iscrivere il proprio animale all’anagrafe canina regionale, identificandolo attraverso un microchip sottocutaneo. Questa piccola operazione viene eseguita dal medico veterinario, in maniera rapida e senza anestesia, mediante l'applicazione di un apposito microchip che potrà essere effettuata esclusivamente dai veterinari pubblici competenti per territorio e da veterinari libero professionisti abilitati ad accedere all'anagrafe canina regionale. La legge dello Stato, recepita da ogni singola Regione, prevede anche: -l’obbligo di registrazione del cane di età superiore ai due mesi all’anagrafe territorialmente competente; -la comunicazione in caso di cessione del cane ad altro proprietario, relativamente alla quale si consiglia sempre di procedere ad un documento scritto completo di tutti gli estremi di identificazione dell’animale, del vecchio e del nuovo proprietario; -l’avviso alla AUSL competente in caso di decesso del cane, tramite comunicazione scritta di cui possa essere provato l’invio e la ricezione (quindi un fax, una comunicazione via pec o una raccomandata A/R); -il divieto di vendita di cani di età inferiore ai due mesi nonché di cani non identificati e registrati. -l’obbligo per i singoli Comuni di procedere, sotto la diretta responsabilità del Sindaco, al censimento e relativa registrazione dei cani randagi; - l’obbligo del passaporto per gli spostamenti all’estero di tutti gli animali di compagnia. Il passaporto viene rilasciato dal servizio veterinario della Ausl competente e ha lo scopo di attestare le vaccinazioni che sono state eseguite. Nel caso di un eventuale trasferimento che non sia provvisorio od occasionale, il proprietario dovrà comunicarlo alla regione di provenienza e sarà obbligato, successivamente, a contattare l’anagrafe della regione ospitante per una nuova iscrizione dell’animale, pena sanzioni pecuniarie. Ma perché il microchip è così importante? Il microchip è lo strumento che garantisce ai nostri animali la possibilità di avere una vera e propria carta d’identità. In caso di smarrimento, infatti, sarà possibile avvertire le Autorità e il tuo veterinario di riferimento, i quali potranno rintracciare il cane attraverso il dispositivo di lettura. È consigliabile, ad ogni modo, dotare il tuo amico a quattro zampe di collare e targhetta identificativa, sulla quale scrivere un numero di telefono reperibile, così potrai facilmente essere contattato da chi dovesse ritrovarlo. Il microchip, dunque, è un dispositivo che serve alla tutela del tuo cane, in quanto, certifica e attesta non solo la sua esistenza, ma anche i dati indispensabili per risalire al suo proprietario. Non dimentichiamoci, anche, che il microchip ha la funzione indispensabile di risalire al proprietario anche nel caso in cui questi ponga in essere condotte penalmente sanzionabili, come il reato di abbandono o di maltrattamento di animali. Adottare un cane randagio, atto di immensa generosità, significa anche dover provvedere ad alcuni adempimenti, fondamentali per la sua e per la nostra tranquillità. Provvediamo quindi al microchip dal nostro veterinario di fiducia ed alla successiva iscrizione all’anagrafe canina territorialmente competente (nella nostra provincia di residenza). Un caso realmente accaduto qualche anno fa: un signore di Varazze, in Liguria, si è visto denunciato da altra persona che affermava di essere proprietaria del cane, e che, per questo, lo aveva querelato per appropriazione indebita. Dopo aver seguito l’auto per qualche metro, il cane era spontaneamente salito a bordo del signore e, non essendo dotato né di microchip né di targhetta identificativa, il signore poi querelato aveva deciso di portarlo con sé. Nel giro di pochi giorni aveva anche provveduto a registrare il suo nuovo amico all’anagrafe e ad identificarlo tramite microchip. Dopo diversi mesi il presunto primo proprietario si era rifatto vivo reclamando la “restituzione” del cane, senza però poter mostrare la documentazione richiesta che attestasse la legittima proprietà sul cagnolino, in quanto, a suo tempo, non aveva ottemperato agli adempimenti di legge. La pronuncia della Cassazione ha stabilito che non esiste appropriazione indebita se si adotta un cane che non presenti segni di riconoscimento e non sia registrato all’anagrafe canina, ritenendo rilevante l’assoluta buona fede del nuovo proprietario e affermando che il fatto non costituisce reato, dato che l’animale non può essere considerato come cosa d’altri smarrita. Dare al nostro cane un’identità che possa essere attestata in ogni momento e per qualunque evenienza tramite il microchip, significa tutelarlo. Non scordiamolo mai. TERZA ED ULTIMA PARTE Concludiamo la nostra breve disamina su animali e condominio e, facendo seguito a quanto già espresso sulla legge del 2013, sottolineiamo come essa non sia retroattiva ed abbia quindi efficacia a partire dalla sua entrata in vigore, non essendo quindi in alcun modo applicabile ai regolamenti condominiali approvati in precedenza. Ciò comporta che se quindi il regolamento condominiale che vietava la permanenza degli animali da compagnia è stato approvato prima del 18 giugno 2013, tale divieto non potrà essere annullato, anche se su questo specifico punto i pareri - come di consueto- non sono concordi. Si rilevano infatti una tesi restrittiva che richiama il principio di irretroattività secondo cui la normativa recente sarebbe efficace solo per l'avvenire con esclusione dei regolamenti di tipo contrattuale, che conserverebbero quindi la loro idoneità per così dire strutturale a prevedere limitazioni alla proprietà privata anche vietando la detenzione e il possesso degli animali da parte del condomino, trovando il loro unico limite nell'inderogabilità delle norme imperative e di interesse pubblico. Ma si rileva anche una tesi estensiva, secondo la quale il nuovo disposto normativo comporterebbe la caducazione di ogni norma regolamentare contrastante, sia di natura assembleare che contrattuale, in ragione di una nullità sopravvenuta. Certamente, allo stesso modo, la natura privatistica di un contratto di locazione fa sì che il locatario possa inserire una clausola di divieto alla detenzione di animale da compagnia nel proprio appartamento, clausola legittima in ragione- appunto- della natura del contratto in questione.
Senza dubbio si tratta di materia oggetto di grande fermento, nell'ambito della quale debbono comunque contemperarsi vari interessi anche potenzialmente confliggenti, ma non in grado comunque di arrestare le istanze di tanta parte della popolazione, per la quale gli animali di casa divengono sempre più membri della famiglia, e devono godere- in maniera a nostro giudizio condivisibile- di adeguati diritti, ma nel contempo essere sottoposti a correlati doveri. Continueremo la rubrica esaminando problematiche varie con i prossimi contributi. Seguiteci e rivolgete i vostri quesiti! PARTE SECONDANel trattare la materia con un’auspicata oggettività, pur senza dimenticare il Cuore, che anima Amici con la Coda, bisogna comunque sottolineare che occorre rispettare le disposizioni contenute nell'ordinanza del Ministero della Salute in vigore dal marzo 2009, che prevede, tra le altre, l'obbligo per i proprietari di mantenere pulita l'area di passeggio degli animali (con particolare riguardo alla raccolta delle deiezioni), nonché di utilizzare sempre il guinzaglio e, in caso di animali particolarmente aggressivi, di usare la museruola. E' sempre prevista, in ogni caso, la responsabilità civile del proprietario in caso di danni o lesioni a persone, altri animali o cose. Ricordiamo inoltre che gli altri condomini, in caso di rumori molesti o di odori sgradevoli per i quali ricorrano gli estremi per una tutela volta a far cessare la turbativa in ragione della violazione delle norme sulle immissioni intollerabili ex Codice Civile nonché sul minor godimento delle parti comuni, possono richiedere un provvedimento d'urgenza al competente Tribunale, con conseguente cessazione della turbativa ed eventuale allontanamento dell'animale dall'abitazione. Certo è che tali situazioni incresciose, con un minimo di civiltà e di educazione, possono certamente essere evitate, o quanto meno prevenute. Di contro, gli animali non possono essere abbandonati per lungo tempo sul balcone o nelle abitazioni, anche se è evidente come una certa vaghezza della formulazione del disposto lascia ampi margini di opinabilità in caso di contenzioso. Per fortuna, comunque, il reato esiste, e la punibilità di condotte di tale genere si fa sempre più strada nella coscienza civile e quindi nelle pronunce giurisprudenziali: si tratta infatti della fattispecie penale che punisce l'abbandono di animali e che prevede pene per chiunque abbandoni animali domestici o che abbiano acquisito abitudini della cattività, nonché per chiunque detiene animali in condizioni incompatibili con la loro natura e produttive di gravi sofferenze. Sul punto, una recente Cassazione ha ritenuto circostanza idonea a provare il malessere di un animale ed a configurare quindi il reato di cui sopra anche l'abbaiare incessante del cane, spia di uno stato fisico e psichico dell'animale, appunto essere senziente. Quello che è certo è che anche coloro che non gradiscono la presenza di animali in condominio dovranno attenersi ad alcune regole di comportamento: non solo non si potrà vietare in alcun modo al vicino di casa di possedere un animale ("In tema di condominio negli edifici, il divieto di tenere negli appartamenti i comuni animali domestici non può essere contenuto negli ordinari regolamenti condominiali, approvati dalla maggioranza dei partecipanti, non potendo detti regolamenti importare limitazioni delle facoltà comprese nel diritto di proprietà dei condomini sulle porzioni del fabbricato appartenenti ad essi individualmente in esclusiva"), ma non si potranno neanche attuare iniziative repressive nei confronti delle colonie feline, che in base alla legge hanno diritto alla territorialità e qualsiasi forma di allontanamento attuata nei loro confronti è da considerare appieno come maltrattamento.
Tale connotazione viene però a decadere nel momento in cui si debba intervenire per comprovate motivazioni di carattere igienico- sanitario. Come potete leggere le problematiche che scaturiscono da questo tema sono moltissime, e decisamente ad ampio raggio. Seguiteci sempre, nei prossimi post svilupperemo ancora il tema e cercheremo di capire meglio per poter tutelare i diritti dei nostri amici pelosi, e la nostra tranquillità. PARTE PRIMASi tratta di una delle innumerevoli fonti di attriti e contenziosi: protagonisti animali e condominio. Ma la legge, esattamente, cosa dice? Quali sono i diritti degli animali che vivono in un condominio e quali sono le strategie difensive dei loro familiari che spesso si vedono negata la possibilità di introdurre un animale all’interno del condominio stesso? La legge di riferimento in materia è la 220 del 2012, integrata nel giugno 2013 con l'inserimento dell'articolo 13, che si occupa di disciplinare la permanenza degli animali negli appartamenti: non è infrequente, infatti, imbattersi in regolamenti di condominio che vietano in maniera più o meno assoluta di detenere animali da compagnia in appartamento. Ebbene, tale divieto contrasta non solo con la disposizione di cui sopra, poiché le norme del regolamento condominiale non possono vietare di possedere o di detenere gli animali da compagnia, ma anche con la nuova formulazione dell'art. 1138 del Codice Civile, che ha disposto quanto sopra. Certamente si osserva un cambiamento anche culturale, da molti auspicato e ritenuto tuttavia ancora insufficiente, ove nel primo testo di riforma il divieto riguardava "gli animali da compagnia", mentre proprio di recente è stato riconosciuto "un vero e proprio diritto soggettivo all'animale da compagnia nell'ambito dell'attuale ordinamento giuridico" che "impone di ritenere che l'animale non possa più essere collocato nell'area semantica concettuale delle cose" ma "deve essere riconosciuto anche come essere senziente". Il Tribunale di Milano richiamando tali principi, ha ritenuto che "il gatto, come anche il cane, deve essere considerato come membro della famiglia e per tali motivi va collocato presso il coniuge separato con regolamento di spese analogo a quello del figlio minore". Nel caso di cui viene ad occuparsi il Tribunale di Milano, viene stabilito che i gatti di famiglia restino a vivere nell’ambiente domestico della figlia minorenne e della moglie, che provvederà alle spese ordinarie, mentre quelle straordinarie saranno sostenute in ugual misura da entrambi i coniugi. Così, in precedenza, il Tribunale di Varese, aveva riconosciuto ad una persona anziana e malata, soggetta all' amministrazione di sostegno, un vero e proprio diritto soggettivo all' animale da compagnia, assecondando il desiderio della stessa di poter frequentare il proprio cane anche dopo il ricovero in casa di riposo. Nel caso in questione, la beneficiaria, rimasta sola e priva degli affetti familiari, ricoverata in una struttura per anziani che non ammetteva gli animali, ha ottenuto il riconoscimento del diritto di poter vedere il suo cane, da anni con lei convivente ed al quale era molto legata: il giudice ha infatti disposto che tra i compiti dell’amministratore di sostegno rientri anche la cura del cane affidato, a spese dell’assistita, attraverso la nomina di un ausiliario che abbia il compito, nella vicenda, di ospitare il cane. Del resto, il concetto di animale inteso come “essere senziente” è già contenuto nel Trattato comunitario di Lisbona del dicembre 2007, ove si afferma che “L’Unione e gli stati membri tengono pienamente conto delle esigenze in materia di benessere degli animali in quanto esseri senzienti”. Ed alla stessa logica di valorizzazione del rapporto fra uomo ed animali, anche il Codice del Turismo che ha sancito l’obbligo dello Stato di “promuovere ogni iniziativa volta ad agevolare e favorire l’accesso ai servizi pubblici e nei luoghi aperti al pubblico dei turisti con animali domestici al seguito”. Insomma, la sostituzione della locuzione "da compagnia" nella stesura finale del nuovo testo dell'art. 1138 del Codice Civile con quella dell'aggettivo animali "domestici", non può certo essere qualificata come meramente stilistica, ma appare rispondente ad un profondo cambiamento della coscienza sociale che si rifrange poi nell'ambito giuridico. La differenza, tuttavia, potrebbe dare vita a nuovi contenziosi dovendosi definire con esattezza quali siano gli animali che possano essere inquadrati all'interno della categoria in questione. Tanto per fare un esempio, gli animali esotici come i serpenti possono essere detenuti senza limitazione alcuna oppure no? Il criceto o il furetto sono animali domestici? Cercheremo di rispondere a questi quesiti con il prossimo contributo. Seguiteci! |
L'Avvocato rispondeEventuali quesiti o problematiche possono essere inoltrate all'indirizzo di posta elettronica [email protected]
|